Fare un piccolo male per un grande bene: gli aghi di agopuntura
Probabilmente attorno all’11° secolo in Cina cominciarono ad essere usati i primi aghi di metallo.
Fino ad allora non si poteva parlare propriamente di agopuntura, in quanto si usavano affilati strumenti di pietra lavorata che scarificavano la pelle provocando piccole “ferite curative”.
Aghi di bronzo, aghi di ferro
Si passò quindi ad aghi di bronzo, poi ferro, che furono chiamati zhēn 针 (針 nella forma non semplificata).
Il carattere zhēn 针è composto a sinistra da jīn 钅(金) “metallo”, quattro pepite sotto il suolo, e a destra shí 十 che in questo caso è il pittogramma di un ago affilato.
Secondo altri Autori a destra sarebbe invece presente shí “十 con il significato di “dieci”, a indicare il numero completo, perfezione.
Varianti di questo carattere sono 鍼, con 咸 xián ‘mordere, morso”’, e 箴 con 竹 zhú ‘bambù’). Il primo carattere ha a destra una variante del pittogramma che indica una alabarda “a mezza luna” (o xū, l’XI Ramo Terrestre), e in basso kŏu una bocca. Il metallo che ferisce, seppure a scopo benefico.
Aghi sterilizzati “usa e getta” e altre alternative
Ultima evoluzione degli aghi sono quelli già sterilizzati usa e getta, che hanno risolto il grande problema della sterilizzazione, prima affrontato per lo più con sterilizzatrici a secco a 180° per 1h ma che, permettendo il riutilizzo degli aghi, inevitabilmente rendevano un po’ più dolorosa la loro inserzione, ora veramente quasi o del tutto indolore. Naturalmente laddove non fosse possibile l’uso di aghi usa e getta resta comunque valida la pratica della sterilizzazione con il calore. Altra modalità di uso, che però non dovrebbe essere messe in atto disponendo di aghi usa e getta, è quella di utilizzare gli stessi aghi per un ciclo di agopuntura nella stessa persona, riponendoli in una provetta sterilizzata. Ma in questo caso è il medico agopuntore a non essere tutelato in quanto potrebbe involontariamente pungersi con aghi già usati.
Autore Vito Marino Studioadelasia